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piccole virtù a spasso 291


lano non rappresentava altro che un gigantesco albero di cuccagna dalla preda ghiotta ed appetitosa lungamente vagheggiata nelle veglie fumose sotto il lumino ad olio, accanto al bestiame che fungeva da stufa, lo stomaco piuttosto vuoto; lavoro di immaginazione alimentato e ingrandito dai racconti di chi vi era già stato e ne pativa la nostalgia, di chi ne narrava i grandi guadagni, il lusso, i divertimenti, le abitazioni comode, il lauto mangiare.

— Tu che mensile prendi?

— E tu?

— E tu?

— Venti lire? Sei pazza. A meno di trenta si rifiuta.

— Io ne prendo trentacinque e il vino pagato a parte.

— Perchè a parte?

— Che sciocca! Lo bevo lo stesso e guadagno cinque franchi di più; anzi, ora che è rincarato, me ne voglio far dare sei.

— E se non te le dànno?

— Li pianto in asso. Anche questo è un guadagno perchè ogni volta che cambio padrone aumento le pretese. Così bisogna fare. Quando mi presento la padrona domanda invariabilmente «Che cosa prendevi prima?»