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274 | zio napo |
bligatoria; tempi di ignoranza e di schiavitù che permisero al bambino di fabbricarsi una solida carcassa resistente al sole, al vento, alla pioggia e di godersi in lungo ed in largo i sacri privilegi dell’adolescenza, sia dinanzi la bottega paterna alla Pusterla dei fabbri, sia sui prati di Baggio mentre intorno i filari di vite non ancora guasti dalla peronospora lasciavano pendere i loro grappoli maturi e profumati.
Senza fretta poi (nè ferrovie nè telegrafo non erano ancora inventati), quando il padre Barbaglia credette giunto il momento opportuno, avendo quell’unico figlio, decise di farlo istruire da un vecchio sacerdote che gli impartì le prime nozioni di latino facendogli in pari tempo servir messa e agitare nelle feste solenni il turibolo dell’incenso; onore e piacere insieme; a non parlare dell’incerto delle ampolle nelle quali restava sempre un po’ di prelibato vino da sgocciolare in sacristia, e meglio ancora se ne restava molto, che allora il chierichetto se lo beveva a garganella trattenendo il respiro, tutto rosso in faccia e soddisfatto della prodezza compiuta.
Ma venne il giorno di surrogare le lezioni del prete con un metodo di cultura più esteso, e il bravo Barbaglia mandò suo figlio al gin-