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242 ipotenùsa, va!


Un’altra cosa che sconcertava le abitudini di Spiridione Tomei era la necessità di dover conferire direttamente colla donna di servizio. La sua vita morigerata di uomo di studio lo aveva tenuto così lontano dalle esperienze femminili che dinanzi a una donna egli si trovava sempre un po’ imbarazzato. Nei primi giorni, siccome l’Agata gli stava intorno continuamente: "Signor padrone questo, signor padrone quello" e gli parlava con singolare volubilità della povera signora morta e del burro rincarato, nonchè del garzone macellaio che aveva preso il volo con cinquanta lire del banco e due vitelli e mezzo, gli sembrava proprio di avere aperto l’uscio a uno stormo di passeri. Si sentiva incretinire.

— Ti prego, — disse alla fine colla sua voce più melliflua, non volendo a nessun costo offendere una donna — : ho un lavoro importante da finire.

Quasi non bastasse l’urbanità della frase la accompagnò con uno sguardo umido e tremolante, uno sguardo pieno di tenerezza umana, interpretato chi sa come dalla servetta, la quale scoppiò a ridere irriverentemente e questo riso inopportuno finì di sconvolgere le idee del filosofo che stava preparando un im-