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234 | vecchio walzer |
marchesa, se lo era scordato insieme al vezzo di coralli e alla ghirlandina di rose che avevano accompagnato il suo grande ingresso nella società. Pure quelle note saltellanti, piene di brio, riaffacciatesi così improvvisamente alla sua memoria, cancellavano il lavoro di un terzo di secolo. Ella non giudicava. Sentiva. Sentiva l’onda della sua giovinezza ritornare a lei, fremere, spumeggiarle intorno, sollevarla, cullarla. Il tempo? Ma il tempo non esiste che fuori di noi. Nel nostro cuore, nel nostro cervello, siamo noi i padroni del tempo: vecchi a trent’anni o giovani a sessanta.
Stavano suonando una fuga di Bach nella gran sala di cerimonia quando una voce alle sue spalle aveva mormorato sommessamente:
— Ricorda, marchesa, «Il bacio» di Arditi?
Ella si era voltata sussultando ma senza riconoscere il vecchio sdentato e sorridente che le aveva rivolta la singolare domanda.
È sempre penoso dover confessare ad una persona che non la si riconosce. La marchesa col suo tatto delicato faceva sforzi incredibili per evitare al suo interlocutore questa piccola mortificazione. Fu lui che replicò senz’ombra di amarezza.
— Sono cambiato nevvero? L’eterna giovinezza è privilegio delle Dee.