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226 vecchio walzer


cielo velato, di una rosa appassita, e quelle persone ammiravano nella marchesa Accoramboni la maestà elegante della figura che gli anni non erano riusciti a piegare, la linea giovanile della testa che aveva conservato quasi tutti i suoi capelli, la grazia del sorriso che mostrava intatti quasi tutti i suoi denti e la piccola mano appena impallidita nella gradazione signorile di un fine avorio sul quale fossero passate le labbra di una schiera ristretta ma appassionata di fidi adoratori.

Nulla della degradante rovina che sembra in certe donne abdicare, oltre ai distintivi del sesso, perfino alla dignità umana, turbava in questa privilegiata l’equilibrio perfetto di una mente rimasta giovane in un corpo rimasto sano. Se ella non avesse già avuto nell’antichissimo stemma di famiglia il motto degli Accoramboni avrebbe potuto scegliere questo: «Frangar non flectar», tanto la sua avvenenza sembrava intangibile.

Non si nega che qualche ritocco sapiente qua e là cooperasse al risultato finale di un fascino che si esercitava senza pericoli ma non privo di compiacenze sopra una società raffinata e cortese, la quale, avvezza da un terzo di secolo a ripetere «la bella marchesa Acco-