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decadi 213


qualche riflesso madraperlaceo di bianco di Spagna non bene cancellato.

— Vuol nevicare certamente, — ripebe Giulio.

Una poltrona lo attende, anzi "la" poltrona; la sua; quella a cui ogni sera Clotilde sprimaccia il guancialino e raddrizza il merletto. Egli vi si stende senza guardarla, ma il movimento, solitamente vivace, gli è rotto a mezzo da uno stiramento delle reni che gli fa torcere la bocca.

— Che è stato? — si informa Clotilde con premura.

— Non so.... forse un reuma. Diavolo di un freddo, quest’anno, non finisce mai. Ah! ma qui si sta bene. Belli quei garofani.

— Nevvero?

La signora si alza, leva un garofano dal vaso e lo infila all’occhiello di Giulio, indugiando, sorridente, facendogli il solletico lungo la guancia.

Egli si stende morbidamente sulla poltrona, socchiudendo gli occhi come un gattone che fa le fusa. La signora si rannicchia un istante sul bracciuolo e gli mormora, col braccio intorno al collo:

— Giuggio, Giuggio, Giuggio mio....

Poi, lesta, si svincola, quasi temendo di soggiacere a una grande tentazione; e questo