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curiosità e paura | 195 |
cameriera la quale entrò colle mani nei capelli gridando: «Il signor barone! Il signor barone!» Non ho mai compreso come in quell’istante la fugacità delle vicende umane. Precipitando dal cielo negli abissi e niente pratico di tale manovra non devo sicuramente aver fatto una bella figura; ma probabilmente nè la padrona nè l’ancella si occuparono del mio sembiante. «Fugga! Fugga!» disse la signora e furono le ultime parole che intesi dalla sua voce armoniosa. La cameriera prendendomi per una mano mi trascinò da una porticina contraria a quella dove eravamo entrati in un labirinto di camere, di corridoi, di scalette dove, essendo perfettamente al buio, per quanto la mia guida non avesse abbandonata la mia mano urtai in parecchi mobili invisibili e contro a pareti che mi sembravano più dure del naturale. «Non abbia paura, — mormorò la provvidenziale Arianna, — il signor barone non penserà certo a inseguirla fin qui». Ma quale parola ella aveva pronunciato: paura!!... Signore e signori, è inutile che mi facciate gli occhiacci. Da cinque minuti io avevo proprio paura; la briccona doveva averlo sentito nel palmo della mia mano.
— Paura! — esclamò il dottore, — un soldato! Tu!