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l'avventura di tre furbi | 175 |
fatto però. La padrona si era offerta lei di rilevarli a prezzo di stima, ma Pietro insinuò che se aveva fatta l'offerta ci stava dentro certo il suo tornaconto. Diffidarono della padrona, diffidarono anche del curato che aveva un fratello orefice e poteva occuparsi dell'affare. A vero dire diffidavano di tutti; se avessero potuto seppellirli quei brillanti indiavolati li avrebbero cacciati cinquanta metri sotto terra. Il guaio era che Paolo voleva prender moglie e Pietro aprire un negozietto, e come si faceva senza denari? La necessità di venderli era evidente ma volevano essere ben sicuri che nessuno potesse specularvi sopra. Avevano pensato tanto alla somma possibile da ricevere che essa era andata crescendo con giri iperbolici nella mente di ognuno dei tre.
Pietro una volta uscì a dire:
— Io so di brillanti che furono pagati dieci mila lire!
La padrona che lo udì e che ne rise gli diede l'indirizzo di un orefice a Bergamo consigliandolo a andare da lui per togliersi ogni dubbio. Pietro andò, ma andarono insieme Paolo e Titta. Non si è furbi per nulla. Con loro grande stupore e dolore l'orefice bergamasco pose la stima dei brillanti a tremila e duecento lire.