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168 | l'avventura di tre furbi |
faro, nella tensione palpitante di una sentinella avanzata, quasi fosse munito di una pupilla magica all’estremità, trapassava il pugno di Paolo, trapassava l’astuccio, vedeva! Così quando l’astuccio venne aperto il meno meravigliato fu lui.
Appena Paolo fece scattare la molla due orecchini di brillanti scintillarono morbidamente abbracciati da un cuscinetto di velluto celeste.
— Sacr....estia! — esclamò Pietro.
— Questa volta almeno le sardine ci sono, — soggiunse Paolo tutto allegro.
— Purchè sieno buoni, — insinuò Titta allungando la mano agli orecchini che prese e contemplò minuziosamente.
— Non vedi come brillano?
— Eh! brillare non vuol dir nulla. Bisogna essere furbi a questo mondo e sapere le cose come stanno. Si fanno in giornata dei brillanti che rubano gli occhi e che non sono niente affatto brillanti. Questi però se sono falsi convien dire che li hanno falsificati bene.
— Io dico che sono buoni.
— Per dirlo lo dico anch’io. Tutto sta ad essere sicuri.
— Ci vorrebbe uno che se ne intenda, — osservò Pietro.