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l'uomo dei palloni | 141 |
luccicavano al sole, le mammine sorridevano, l’omnibus dell’albergo scaricava regolarmente viaggiatori e bauli, i tram correvano, i viandanti passavano.
— Orsù, — pensò al quarto giorno l’uomo dei palloni, — questi denari sono miei. Dio me li ha dati, è ora di spenderli.
Gli era accaduto molte volte (a lui come a tanti altri), mentre se ne stava ad aspettare gli avventori sulla soglia dei Giardini, di pensare quanto sarebbe stato piacevole trovarsi nei panni di quei signori che vedeva sbucare da via Manzoni con scarpette gialle e sigaro in bocca. Anche aveva pensato che farsi scarrozzare per la città dovesse essere un bel gusto, così come mangiar bene e bere delle buone bottiglie di vino vecchio. Per fare tutto ciò occorrevano molti denari, ed ecco che egli li aveva, se pure non era un sogno. Ma no, non era un sogno; e i denari egli non li aveva mica trovati in istrada, che allora il suo dovere sarebbe stato di andare a consegnarli in Municipio. Essi erano venuti a collocarsi di motuproprio nella sua tasca. Nulla dunque di più reale e di più legittimo. Bisognava adesso fare onore alla propria fortuna per mostrarsene degni.
Incominciò a soddisfare un suo antichissimo