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l'uomo dei palloni | 139 |
piombando nella bottega del polentaio sporse senz’altro i suoi venticinque centesimi.
— In ritardo, quest’oggi: si vede che è stata una buona giornata per i vostri palloni. A furia di vendere vesciche scommetto che vi mettete da parte un capitaletto.
L’uomo dei palloni fuggì. Quand’ebbe risalito le sue scale sbattè fortemente l’uscio, rigirò la chiave e vi pose dinanzi la sedia. Auf! che avventura!
Aspettò che la notte scendesse completamente, che tutta la casa fosse tranquilla, che i vicini dormissero in santa pace, e stesse zitta anche la macchina della cucitrice nella camera accanto alla sua. Allora tornò ad aprire il portafoglio colla vaga speranza di trovare la chiave del mistero, una parola, una spiegazione qualsiasi. Ma oltre ai valori, nel portafoglio non c’era altro; non un nome, non una cifra che potesse aprire la strada alle indagini. I biglietti di Banca stavano là muti, eppure straordinariamente espressivi nella loro immagine di forza e di potere. Non parlavano, ma sembravano guardare il pover’uomo con una sottile ironia.
— È inutile! Non ci capirò mai nulla!
Su queste parole pronunciate a fior di labbra, quasi per tema che qualcuno lo udisse,