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134 | l'uomo dei palloni |
cielo un particolare splendore. I bimbi che non si divertivano alla fontana correvano su e giù cercando le pratelline nell’erba, bevendo il sole, ebbri di luce. Quel giorno l’uomo dei palloni fece magri affari. Già erano passati i clienti migliori senza comperargli nulla; egli attese ancora un poco guardando l’omnibus dell’albergo Cavour che arrivava carico di valigie e di forestieri, guardando i tram, le carrozze, i viandanti; gridò una o due volte: «Palloni! Palloni!» e poi attorcigliandosi intorno al dito la funicella che li riuniva tutti piegò l’angolo di via Manin e mosse verso il bastione, agitando tratto tratto i prigionieri al di sopra del suo cappello, tanto che qualche bimbo attraverso gli alberi potè scorgerlo ancora e fargli ripetere il suo grido: «Palloni! Palloni!» grido che andò a spegnersi man mano ed a morire finchè anche l’uomo scomparve.
— E pazienza! — disse egli mettendo la chiave nella toppa sgangherata di un usciaccio da solaio dove teneva la sua cuccia, laggiù, laggiù verso porta Tenaglia. — Non tutti i giorni possono essere fortunati.
Entrò, appese i suoi palloni ad un chiodo, e cacciandosi le mani in tasca ne estrasse un piccolo deposito di funicelle che serbava per