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un bel caso | 123 |
rienza propria non poteva far testo. I giovinotti non la guardavano nè tanto nè poco, non la aspettavano sul sagrato all’uscire di chiesa, non zufolavano sotto alle sue finestre, non le offrivano in primavera un sol fiore nè in autunno un sol frutto. La Luigia era come fuori del suo sesso, una specie di essere neutro intorno al quale non fremeva l’onda tumultuante del desiderio. Appena qualche buon uomo maturo, qualche padre di famiglia mosso da un benevolo sentimento di compassione osava profetizzare: — Sarà ben fortunato colui che sposa la Luigia! — Ma nemmeno questo incoraggiamento indiretto valse alla povera ragazza la più lontana ombra di un sospirante. Toccava oramai, anno più anno meno, la quarantina.
Forse però tanto i maligni quanto i benevoli si ingannavano sul vero stato d’animo di quella zittellona triste e spersonita, argomentando a modo loro che dovesse trovarsi infelice per mancanza di marito e solo per questo. Ora la Luigia aveva una passione ancora latente e compressa ma unica ed immensa: i bambini; passione che si allaccia è verissimo col matrimonio ma che ha pure un suo lato indipendente, una vitalità propria che non tutti gli uomini conoscono.