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uno scandalo | 117 |
La fanciulla venne, a testa bassa, accartocciando le cocche del grembiule.
— È lei che ha scritto questa lettera? — domandò la direttrice con un cipiglio tale che, se fosse stato una saetta, di Varisco non rimaneva più neppure un capello.
La testa della fanciulla si abbassò più ancora ma non rispose.
— Chi tace acconsente. Possiamo prendere il suo silenzio per una confessione; anzi è desso la prova più sicura dello stato della sua coscienza. Ah! si vergogna ora? Non osa sollevare lo sguardo verso i suoi superiori? Ma con quali parole chiameremo noi la incredibile sfrontatezza sua che non si peritò di portare l’onda impura di tali sconcezze in mezzo alle innocenti compagne, nel sacrario dell’educandato, sotto i nostri occhi? Non sa che con questo documento in mano io potrei scacciarla ignominiosamente additandola all’obbrobrio di tutti gli onesti?
Uno scoppio di pianto interruppe la sfuriata. Don Celso credette bene di appoggiare una mano sulla testa della colpevole soggiungendo:
— O figliuola, figliuola l’hai fatta grossa.
La direttrice per nulla intenerita continuò acerbamente: