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uno scandalo 113

cero subito a domandarle come incominciava la composizione di Varisco.

— Ah! come incominciava? — Luzzani con ambedue i pugni stretti sulla bocca tratteneva a stento le risa.

— Dillo! dillo! — imploravano le altre.

— Zitte! — fece ancora la voce della maestra.

E per un altro poco il silenzio ritornò. Ma la fanciulla che era la più vicina a Luzzani mormorò pianissimo:

— Dillo solamente a me!

Luzzani che ne schiattava dalla voglia le soffiò all’orecchio:

— «Mio adorato Gustavo».

— Impossibile.

— Giuro.

— Che c’è? — Che avete detto? — Cosa ha detto Luzzani, «mio adorato Gustavo»? — Impossibile! — Che significa? Savonarola non si chiamava Gustavo. — Eh? Che cosa?... Non ho capito. — «Mio adorato Gustavo». Oh! cielo! Ma questo è il principio di una lettera. — Varisco che fai? Lascia vedere. — Si può forse trattare il tema per lettera? — Sì. — No. — Lasciami stare. — Impertinente! — Villana! — Lo dirò alla signora. — No. — Sì. — Taci.

— Cos’è questo subbuglio? — tuona minac-