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tonino l'eremita 253


pava dal morbo, — ben inteso che dal momento che si fosse creduto obbligato a S. Priscilla, avrebbe spento subito il lumino a S. Ermolao.

Non curava nemmeno più le sue pesche. Di notte la finestra la teneva chiusa per via dell’umido, e di giorno mentre lavorava al suo deschetto, guardava fuori nell’orticello e apostrofava l’albero: «A me non me l’appioppi! De’ tuoi frutti per quanto polposi e morbidi, io non so che farmene; non vo’ mica crepare io, per far piacere agli eredi! Vi saranno ancora pesche quando non vi sarà più cholera.» A’ suoi nipotini proibiva di toccare i frutti e guardava loro la lingua per sapere se avevano la gastrica.

— O Tonino, vi rincresce a morire