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198 | le tre rose |
tava a nessuno; la teneva per sè, in una celletta alta alta del suo cervello dove raggiava perenne l’ideale.
La sera di maggio era così limpida che Marcello vide questa volta la fanciulla meglio che non l’avesse veduta mai, e si fermò compiacentemente a mirarla, appoggiato al muro dirimpetto, colle braccia conserte. Lei, tremante, stava chinata sul balcone togliendo per pudore la faccia dai raggi della luna, e pur sollevandola tratto tratto con un lieve sospiro.
Chi contava i momenti? Essi no. Ma un rumore nell’interno della stanza e la rapida comparsa di un lume trassero alla fanciulla un piccolo grido; si scosse e fuggendo lasciò cadere (giudichi chi vuole se pensatamente o a caso) una