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la donna (che era la signora Ernesta) diede una forte gomitata al signor Rossetti, il quale vedendoci poco strizzava le palpebre; e finalmente risero insieme, dondolandosi sugli enormi fianchi, facendo traballare la pancia obesa.

— Eh! signor Giacomo, che ne dice? Questa sera racconteremo a don Pacchia, che lo abbiamo veduto l’albero delle pere.

Ridevano ancora affrettando il passo, facendo grassi commenti, quando Ippolito con un sospiro che gli veniva dal fondo dell’anima mormorò:

— Dio sa quale strazio io provo in questo momento! A lei.... non chiedo altro che perdono.

Daria gli stese la piccola mano, ch’egli toccò appena; soffriva immensamente.

— Non a caso dissi che i cuori si comprendono anche quando i labbri non possono parlare. Abbia fede in me signor Ippolito.... ora più che mai la sua causa è la mia.

Questa vereconda e schietta confessione gli cagionò una gioia immensa, che il lampo degli sguardi tradì per-un minuto secondo; tornato subito in sè e represso il tumulto del cuore rispose:

— Io sono un disgraziato; ma la disgrazia di mia sorella mi fa un dovere di non occuparmi che di lei.

— La prego a credere — soggiunse Daria con