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paese, nei bisbigli sommessi delle alcove spiate, nei misteri violati dei giovani amori; in quell’ambiente caldo, lascivo, tentante, bestiale, quell’uomo e quella donna si intendevano perfettamente, tuffandosi nell’orgia dei peccati altrui per impinguare il desiderio di un peccato che non osavano commettere.

— E quella santocchia, quella Daria, che pare fatta di nuvole — continuò la signora Ernesta — ballava col rosso?

— Poco — rispose uno dei giovinotti. — Il rosso è un cattivo ballerino; essi se ne stavano più volentieri in un cantuccio della corte... non so poi cosa facessero.

— Lo si può immaginare! — esclamò l’ostessa, che in simili argomenti aveva l’immaginazione molto viva.

— E cosa volete mai che facessero — bisbigliò rôcamente il signor Giacomo Rossetti — un merluzzo e una sardella!

L’ostessa questa volta si teneva i fianchi; per verità il paragone era buffo, ma oltre ogni dire rassomigliante. Non poteva frenare il riso pensando a quel duetto e il riso le si arricchiva di una dose strabocchevole di felicità contemplando le proprie forme esuberanti, tese sotto il casacchino lucente d’orleans nero.