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sovrapposto a una intima compiacenza del frutto proibito.
— Davvero? e sono ragazze! Ma che vergogna! Dove hanno il pudore?
— Eh! andate là signora Ernesta — saltò su il prete Pacchia, che, tolto il mangiare, non si occupava d’altro al mondo e a cui questi discorsi seccavano — anche voi i vostri undici figliuoli li avete ben fatti in onta al pudore.
— So bene che mi canzona, io sono maritata! È un altro paio di maniche; c’è il sacramento di mezzo.
— E a quelli là ce lo metteremo il sacramento, ecco tutto.
Il signor Giacomo Rossetti si chinò all’orecchio dell’ostessa e disse qualche cosa; qualche cosa di piccante che solleticando lo strano pudore della signora Ernesta le produsse la sensazione beata di chi sente a parlare di freddo stando avvolto in una tiepida pelliccia.
— Oh! via, via, la finisca — esclamò premendosi sul petto le mani grassoccio, lanciandogli una occhiata cupida, lucente d’una leggera lagrima di piacere, e scuotendo la grossa testa d’animale domestico — Che cose! che cose! che cose!
Il signor Giacomo Rossetti era un beatone molto timorato e timoroso, che guai a mangiar di gras-