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sprigionare a volo le fantasie accarezzate nei lunghi sogni, non trovò aperta nessuna via e, precipitando le sventure domestiche, dovette accontentarsi del misero pane quotidiano.
Ippolito si sapeva perduto per sempre e nella totale rinuncia di sè stesso aveva accettata la vita, per la sorella che restava senza appoggio.
La sua era un’esistenza priva di gioie, egli lo sapeva; sapeva di più, che Matilde non avrebbe mai preso per lui il posto lasciato vuoto dalla madre. Una infinita tristezza lo accompagnava in quella casa abbandonata, segnando la sua fronte di rughe precoci.
Eppure, qualche volta la natura parlava anche a lui l’appassionato linguaggio dell’amore; in quell’anima vergine le sensazioni erano profonde, vive, e ad onta della ragione, il cuore di quel giovine di venticinque anni chiedeva la sua parte di luce e di calore.
Da qualche tempo, specialmente, una insolita serenità era scesa nel suo cuore; in certi momenti si sentiva felice senza saperne il perchè. L’aria intorno a lui gli sembrava più leggera, più ampio l’orizzonte, meno deserta la vita.
Le ore che passava allo studio, gli venivano allietate da visioni incerte, fluttuanti ancora nei veli del dubbio e della speranza, tuttavia dolcis-