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— Chi è morto?

Allora la signora Luigina, cui non restava che una parola a dire, la disse:

— La signora della casa bianca.

— Povera donna! fece Daria.

La Tatta non aggiunse nulla.

— Andai — continuò la signora Luigina con accento lamentevole — a confortare quella povera Matilde, cui non reggeva l’animo di restare presso alla madre.

— E chi veglia la morta?

— Suo figlio Ippolito; Matilde è troppo sensibile. Se l’aveste veduta quante lagrime, quanta disperazione!... ed ora è là sola o quasi, perchè il fratello si ostina a non lasciare la camera della morta — l’avrei condotta con me...; ma...

Evidentemente, la risoluzione era troppo energica per lei: i suoi occhi smarriti facevano il giro delle pareti in cerca d’aiuto.

Intanto la Tatta si era slacciata il grembiule e preso uno scialletto, che stava a cavalcioni della sua sedia, si incamminò senza parlare fuori dell’uscio.

— Va a prenderla — disse Daria con una sincera commozione nella voce, mentre un pensiero lontano, quasi dimenticato venne a corrugarle la fronte.