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to una parte sola, quella dell’ideale — e vi si fosse attaccata tenacemente, come persona, a cui mancano i legami terreni. Nei suoi occhi chiari, un po’ smunti, raggiava tranquilla la fede e nessun lampo mai, nessuna scintilla ne turbava l’iride inalterata.
Sulla fronte pura, alta e stretta, senza rughe, i capelli quasi bianchi segnavano una riga piatta, che terminava di dietro in una magra treccia. Il corpo smilzo e spersonito, privo di qualsiasi forma, sembrava nascondersi sotto una veste color cenere a pieghe sulle spalle con due balze in fondo alla sottana. Un’aria stanca, una eccessiva timidezza unita all’espressione di sbigottimento, ch’era in lei costante, le davano un insieme singolare che si prestava al ridicolo. Sembrava una figurina di cartone mossa da un congegno meccanico; una di quelle monachelle di carta pesta, che quando vuol piovere tirano avanti il cappuccio. Non si capiva assolutamente, come mai quella persona avesse potuto avere cinque anni e un visetto paffuto — poi dieci anni e saltare alla corda — poi quindici e ballare — poi venti e fare all’amore. La signora Luigina doveva essere nata così, coi suoi occhi sbiaditi, col suo vestito cenere a pieghe sulle spalle, colle due balze in fondo, che non c’era mai stato bisogno di