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La servetta vedendo l'inutilità delle sue rimostranze e veramente atterrita perchè aveva udito narrare di donne, cui va il parto alla testa e diventano pazze, si allontanò in furia a cercare aiuto.
Ma la camera di Daria era lontana; nella sua confusione ella non aveva preso il lume, urtò parecchie volte negli angoli dei mobili, rovesciò sedie, sbattè usci, finchè giunse tutta ansante e scarmigliata a narrare l’accaduto a Daria e allora via di corsa tutte e due con un batticuore, uno sgomento indicibile.
Entrarono da Matilde: la camera era vuota.
Si precipitarono sulla scala: nessuno.
— Matilde, Matilde!
Daria grida a perdifiato. Scende le scale in un baleno, attraversa il salottino e vede un’ombra bianca, che si dirige verso la corte.
— È lei! Mio Dio aiutatela.
L’ombra bianca corre in direzione della porta; vi si slancia sopra, tenta aprirla, percuote invano.
— Matilde, fermati!
Ella non ode. Torna indietro costeggiando la sponda della Regaldina. Daria spera di raggiungerla; affretta il passo continuando a chiamarla per nome.