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Nella posizione in cui si trovava, non poteva vedere Matilde; Daria accennò a Pierino di nascondersi esso pure per non renderle troppo penosi quegli ultimi momenti. Difatti girando attorno le pupille ella parve contenta di non vedere altri che la giovanetta e le sorrise, come se la orribile scena di poc’anzi fosse stata un sogno.

Daria la baciò appassionatamente; la zitellona rispose a quel bacio, forse per la prima volta, e tale abbandono di tenerezza commosse Daria fino alle lagrime.

— Oh! mia cara zia, cara zia... — esclamò gettandosele al collo, sentendo che quella bell’anima stava per abbandonarla.

La vecchia mosse le labbra, ma la parola era ribelle; finalmente potè articolare a stento:

— Lascia questa casa infame... va, egli ti ama, egli ti seguirà. Sii felice.

— Grazie — mormorò Daria sempre piangendo, eppure paga di vedere alfine riabilitato l’uomo ch’essa amava, di trovarlo, ultimo pensiero, sulle labbra di una morente.

La Tatta fece ancora una sforzo:

— Non credevo, sai... non credevo che fosse quel galantuomo che è; ma ora... lo credo. È come Genesio di Pomponesio che... che anche lui...