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La piccina pianse e corse subito a raccontare la cosa a Daria.

Le persone benevoli dicevano che Matilde era presa da accessi isterici; si vociferava anche qualcos’altro però; e quando se ne parlava nell’aula magna dei Tre Mori, la signora Ernesta stringendosi nelle spalle esprimeva l’opinione, che quando si maritano le ragazze col solo scopo di sbarazzarsene bisogna essere preparati a tutto. Del resto Rodolfo era un avventore assiduo e la signora Ernesta, per sistema, rispettava gli avventori.

C’era poi un’altra ragione psicologica che spingeva la signora Ernesta a difendere Matilde. Era la stessa ragione che la faceva nemica acerrima di Daria: una segreta attrazione per il male, una voluttà abbietta nel vederlo, nel sentirlo intorno a sù, creandolo quando non esisteva, dandogli aiuto se esitante, coprendolo, perchè potesse svilupparsi in tutta la sua pienezza.

L’osteria era diventata la vera abitazione di Rodolfo; egli vi passava le giornate intere sdraiato sulle panche, in uno stato di dormiveglia perenne; non parlava quasi mai; tratto tratto bestemmiava, come se rispondesse a ragionamenti interni fatti con un interlocutore invisibile.

Nella vecchia casa nera le due povere donne lavoravano e piangevano; Daria aveva chiesto dei