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— Vorresti concludere — interruppe la vecchia fissando sulla giovanetta il suo sguardo acuto e sardonico — che il signor Ippolito ha torto?
Daria chinò il capo senza rispondere.
— I Regaldi — continuò la Tatta con impeto — sono forse deboli, inetti e fannulloni, ma vivaddio sono onesti. E questa civetta che si è fatta sposare per forza....
— Parla piano, zia — implorò Daria — le finestre sono tutte aperte.
— Non mi importa affatto. Non ho niente da nascondere io, e se c’è qualcuno cui preme il silenzio peggio per lui, o per lei, o per loro!
L’esplosione furiosa della Tatta terminò con un violento sbattere dell’uscio.
Daria, rimasta sola, pensava più che tutto ad evitare uno scandalo, che sarebbe ricaduto sull’intera famiglia e sulla povera piccina, che non sapeva nulla, che non doveva mai saper nulla.
Se qualche volta il disgusto di vivere in quel paese e in quella casa suggeriva a Daria la tentazione di andarsene via — e la tentazione era forte perchè anche Ippolito la sentiva — la sola immagine della Lena abbandonata la faceva tornare in sè e le ribadiva la catena. — Sono legata qui — sospirava la povera ragazza — chi sa — forse per sempre!