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dri rizzandosi sullo strame sospendevano il lavoro per abbracciarli, poi subito tornavano alla loro occupazione sollevando con fatica — raggianti in volto — i panieri pieni di bozzoli, raccattando colle mani le larve imputridite, perchè non insudiciassero le altre — beate di quell’odore di materia in fermento, che saliva loro alla testa con delle note d’ebbrezza, come un’anticipazione giuliva dei lauti guadagni.

In quell’ora, e nella nebbia della sera, il fossato, che cinge il borgo, scintillava tacitamente ai raggi della luna — colle sue acque verdi, limpidissime, striate d’argento. Alimentato da due fiumi esso reca la vita e il movimento a una quantità di mulini e di opifici, passando per campi, orti e giardini, vedendo crescere sulle sue sponde i rami preziosi dei gelsi, aggruppati ai mandorli in fiore.

A nord est del paese la roggia (è questo il nome preferito e generalmente usato) si biforca, e da un lato fiancheggia il bellissimo viale del cimitero, dall’altro si interna fra le case formando piccoli bracci e seni. Uno di questi bracci più largo, più profondo degli altri, disteso a guisa di confine fra due proprietà ben distinte, è chiamato, dal nome della famiglia a cui appartiene, Regaldina.