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Daria l’affrettava avendo dato convegno a Ippolito nella chiesetta romita del viale.

Ella era molto turbata, perchè le cose che doveva dire al suo amico le sembravano gravissime. Ma la piccina non voleva abbandonare la casa della zitellona dove c’era una quantità di oggetti curiosi e bizzarri; fiori di cera, di cannutiglie e perfino di droghe schierati sul caminetto sotto le campane di vetro; panierini di cotone bianco fatti all’uncinetto e insaldati; ornamenti di zucchero dipinto avanzati dalle torte; stuzzicadenti traforati con pappagalli e pagode chinesi appoggiate dentro a vasetti di vetro colorato; quadri ricamati sul canovaccio dove le figure principali avevano gli occhi di vetro e il naso formato con un chicco di riso, e finalmente sui cristalli della finestra, per economia di tendine, dei ritagli di carta rappresentanti uccelli stravaganti e fiori ipotetici, dietro i quali la povera zitella passava le sue ore melanconiche guardando nella via.

La piccola Lena era felice in mezzo a questo mondo grottesco dai colori smaglianti e la signora Luigina avvezza da trent’anni a vivere sola tremava ad ogni mossa imprudente, ad ogni strepito di quei piedini irrequieti e di quelle manine,