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davanti a tante meraviglie, nascose un giubbettino all’uncinetto, ch’ella stava lavorando di nascosto.

Matilde dichiarò che le cose brutte non le piacevano.

Sul finire della primavera ella era diventata molto grossa e passava le giornate semicoricata, ravvolta in un lungo accappatoio celeste, coi capelli sciolti rattenuti appena sulla nuca da un nastro di velluto. Tutti aspettavano il parto con impazienza e stanchezza infinita; Rodolfo desiderava un maschio bello e robusto come lui, da farne un buon cacciatore.

La signora Ernesta, che aveva fermato una domenica Matilde all’uscire di messa, le preconizzò, coll’occhio divinatore dell’esperienza, che avrebbe una bambina.

Matilde si stringeva nelle spalle, informandosi con premura se è proprio vero che nel parto si perdono i capelli. E anche qui la signora Ernesta, sempre in base all’esperienza, le disse di sì, ma soggiunse per confortarla che c’era un rimedio infallibile nella pelle di anguilla appena scorticata.

Il trentuno di luglio finalmente nacque una bimba, lunga come una mano, meschina meschi-