Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 114 — |
messa; l’inverno fu rigidissimo, mi si gelavano le dita intorno ai ricami fini. A furia di lavorare giorno e notte la vista mi s’indebolì; in primavera stetti a letto con una oftalmia; appena guarita tornai da capo a lavorare. Egli diceva, che mi avrebbe sposata in autunno; l’autunno passò, venne l’inverno. Il mio corredo chiuso in tre grandi casse empiva la camera; avevo speso tutti i miei risparmi, mi ero sciupata la vista e la salute.... Fissò il giorno in aprile, il dodici. Ero vestita, pronta, mancava mezz’ora alla cerimonia, quando vennero ad annunciarmi che egli era andato in America...
Questo racconto semplice e commovente la signora Luigina lo aveva fatto colla sua voce monotona dalle cadenze smorzate; quand’ebbe finito si asciugò gli occhi col fazzoletto ricamato — unico avanzo forse del suo corredo.
Daria contemplava impietosita quella donna che portava da trent’anni il lutto delle più care illusioni, senza che un lamento, un rimpianto, una imprecazione avessero alterata mai la rassegnata umiltà del suo sorriso; e quella povera zitella, che le era sembrata tante volte ridicola, le appariva adesso sotto le spoglie di una martire gentile — la vedeva giovane, felice, bella forse, in attesa del diletto fidanzato e si immagi-