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conosceva come il pater nostro si accomodava al meglio sulla sedia e chiudeva gli occhi.

— Mi sono trovata anch’io col velo in testa coi fiori d’arancio.

Dicendo così, la signora Luigina era patetica, di un patetico comico non privo d’interesse.

— Come, ella fu sposa?

— Sì, ragazza mia; andai fino all’altare.

Ella raccontava a spizzico, fermandosi ad ogni frase per pigliare coraggio.

— Ebbi la disgrazia di innamorarmi di un giovine che... di un giovine... un po’ discolo; ma ero sola al mondo, inesperta... credetti...

— Le amiche però ti avevano avvisata — interruppe la Tatta aprendo gli occhi.

— Sicuro, sicuro; ma credetti... Aspettai quattro anni, finalmente egli mi diede promessa formale di sposarmi entro un anno.

Si fermò ancora, arrossendo.

— Quell’anno lo passai sempre in casa lavorando al mio corredo. All’alba ero in piedi; la notte mi trovavo davanti alla lucernetta coll’ago in mano. Cucii e ricamai trentaquattro camicie, venti sottane, feci venticinque paia di calze... Non uscivo che alla domenica per sentir