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deva alla gola con un’ondata di impurità, soffocandola, strozzandola; e nella acutezza della sensazione le sembrava di udire laggiù, fra le tenebre della notte, il ghigno beffardo di colei che aveva posseduto suo marito, perchè era lei, lo sentiva!
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Le lettere che Marta inviava a sua madre, parlavano tutte di felicità. Si esaltava scrivendo dell’amore che Alberto aveva per lei, e si diceva il suo tesoro, la sua vita; parole che Alberto da sua parte non aveva mai pronunciate, ma di cui ella inebbriavasi al punto che quando aveva scritto, versando sulla carta l’amore di cui era compresa, rimaneva sollevata, immaginando che Alberto provasse tutto ciò che ella stessa sentiva. Scriveva: «i suoi baci appassionati, le sue tenere carezze,» e rileggeva poi quegli aggettivi che le davano una dolce commozione, una specie dei piaceri immaginari che gustano i bevitori d’oppio.