Pagina:Neera - L'indomani.djvu/39


— 28 —


— La nostra è l’ultima, nevvero? È forse questa?

La cavalla rallentò, Gerolamo fece una voltata da cocchiere esperto, e, passando da un cancello spalancato, fermò di botto nel bel mezzo di un cortile vellutato d’erba minuta, con alte muraglie imbrunite dal tempo, su cui si sbizzarriva a rabeschi una lussureggiante glicina, carica di fiori.

L’aspetto generale del fabbricato e del cortile era quello di una vecchia casa borghese, comoda, dove un seguito di generazioni agiate e tranquille si erano succedute senza scosse, senza cambiamenti.

Appollonia corse fuori, tutta traballante nella sua rotondità di pan buffetto, con la facciona lucida raggiante di semplicità, la bocca aperta, le mani sporche di farina.

Marta, nel guardarla, non potè a meno di sorridere, e balzando lesta dalla carrozza gridò:

— Buon giorno, Appollonia.

Furono le prime parole che la nuova padrona