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braccia della nutrice, di bambinette raggruppate, finchè ridusse le fotografie ad una dozzina o poco più di donne passabili.

E ancora occorreva molta immaginazione per raffigurarsi capaci di una seduzione qualsiasi quelle figure sbiadite su fondo rossiccio, vecchie come soltanto diventan vecchie le fotografie nel loro spietato realismo; capelli piatti, oppure rialzati nella forma precisa di polpette ripiene: occhi truci, terribili, o imbambolati nella preoccupazione della posa; in generale faccie musone. E gli abiti? Maniche larghe, a prosciutto, a zoccolo, a campana, alla contadina; vite angolose, falpalà arzigogolati, bottoni fuor del vero.

Che mostri! — pensava Marta — e probabilmente fra dieci o quindici anni si dirà lo stesso di me.

Cercava minutamente, guardando in ogni piega delle vesti per scoprire il nome di Elvira. Credette di averla trovata in una giovane donna, appoggiata languidamente al tronco di una colonna, con l’indice della mano destra affondato