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affacciava alla finestra, tendendo l’orecchio. La luna d’agosto, rossa, brillava sul cielo senza nubi, in un aere molle, grasso di vapori, e l’afa, che mitigata dalla frescura notturna, prendeva un sembiante di carezza, le passava sul volto con l’effluvio dei prati, delle vicine campagne dormenti.

Che cosa faceva Alberto laggiù? Perchè tardava tanto?

L’attesa, dapprima calma e rassegnata, volgeva, col volgere delle ore, ad una inquietudine generale. Non poteva più star ferma; la finestra, la sedia, il divano, l’uscio e poi da capo la finestra, e poi più nulla. Ritta nel mezzo della stanza pareva una statua; le sue sensazioni si concentravano in un immenso, in uno sfrenato desiderio di vedere Alberto.

Il tempo passava, e dall’immobilità angosciosa Marta entrava in uno stato di allucinazione sensuale. Con mano inconscia slacciava i ganci dell’abito, allentava i nastri, cedendo a una sensazione misteriosa di abbandono, con dei brividi a fior