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tendo da tutta la persona di Alberto la avvolgeva in un’onda dolcemente sensuale.
Ma Alberto si alzava reprimendo, per convenienza, un lieve stiramento delle braccia.
— Ho bisogno di muovermi — diceva.
Prendeva il cappello, la canna, la baciava e andava in farmacia a raggiungere gli amici.
Con le braccia inerti, svogliata, Marta passava la sera sulla stessa sedia dove aveva pranzato, prendendo spesso una tazza di camomilla che Appollonia le portava a forza, vedendola pallida, assicurandola che le avrebbe fatto bene.
Dava qualche punto, leggicchiava il giornale, sbadigliava. Le ore erano lunghe, eterne. Finalmente Appollonia, dopo d’averle chiesto se le occorreva nulla, veniva a darle la buona notte. Ella udiva il rumore che facevano sul mattonato gli zoccoli della brava donna che si allontanava, ultimo frastuono della giornata; e la casa ripiombava nel silenzio.
Marta aveva sonno, ma aspettava Alberto. Quando credeva prossima l’ora del ritorno, si