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148 | l'amuleto |
mutare ancora. Non più iroso nè sdegnoso, non più l’intenzione visibile di offendermi che era pure un modo di occuparsi di me; egli trovò un sistema di spensieratezza, di giocondità impudente che mi feriva molto di più e che mi disorientava. C’era in esso questo sottinteso: Povera donnicciuola che ti lusingasti per un istante di avermi allettato colla tua giovinezza appassita, la tua triste casa, il tuo piccolo cuore — vedi il volo della mia forte gioventù e fatti da parte. Nulla abbiamo di comune, io non mi curo di te.
Così ad ogni nuovo colloquio, contrariamente ai primi che tanta gioia e tanta ricchezza mi portavano, mi sentivo sempre più povera e meschina. L’evidente suo desiderio di ritogliermi tutto quello che mi aveva dato di simpatia, di stima, di confidenza, di devozione, di elevazione sembrava veramente farmi il vuoto d’intorno. Il filo che ci teneva uniti si assottigliava di volta in volta spaventosamente e il ti-