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l'amuleto | 109 |
tanava la mia simpatia; non è così che m’immagino un pensatore, un uomo fatto per trascinare le anime. Non dovrebbe egli avere una gran luce negli occhi?
Verso il tramonto l’afa crebbe a dismisura, il cielo andava coprendosi di nubi; io ero spossata fino all’esaurimento. Quando venne mio cugino mi trovò seduta sotto i rosai accanto alla casa, non avendo nemmeno avuto lena di percorrere il sentiero.
Era forse un po’ prima dell’ora solita. Insensibilmente Egli allungava il tempo di stare con me; eravamo entrambi sempre più desiderosi di vicinanza, di comunione, ed era in entrambi una gran voglia di dirci tutto, tutto, fino i pensieri fuggevoli di un istante. Da me a Lui le più semplici parole si vestivano di un fascino misterioso che subivamo insieme, sì che eravamo giunti a intenderci con uno sguardo, con un piccolo movimento del capo. Qualche volta si diceva nello stesso tempo la medesima cosa.