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Che delusione!

Il piccino dormì in camera del babbo e di Aurora, una donna fu posta esclusivamente al suo servizio, ed a me proibito in modo assoluto di prenderlo in braccio.

Dopo qualche mese tutti impazzivano per quel bambino, il più leggiadro, il più vezzoso, il più intelligente dei bambini.

Aurora lo mostrava, orgogliosa, a mala pena coperto da un camiciolino di battista che lasciava scorgere i gigli e le rose del corpicino — ne faceva osservare gli occhietti brillanti, la piccola bocca, i capelli fini e ricciuti. Tutto il giorno sentivo a ripetere: Com’è bello! Com’è carino! Il babbo se lo mangiava di baci.

— Ma è tuo figlio al pari di me? gli domandai una volta con alterigia.

Egli scappò fuori a ridere e non mi rispose nemmeno, tanto la domanda gli parve stravagante.

Certo — egli era suo figlio al pari di me e per Aurora lo era a mille doppi più di me.

Il fratellino non si fermò lì. Venne dopo una sorellina e poi un fratellino ancora; in cinque anni Aurora popolò la casa di tre vispi demonietti — o angioletti, come si vuole.

Intanto, è facile capire, io non ero più una ra-