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Andai a letto sorridendo delle parole di Betta, e quando ebbi spento il lume, mi parve di sentire sui vetri della mia finestra — tic tic, tic tic: vieni?
Che faccia avrebbe quell’uccellino? Tanto, nessuna faccia d’uomo mi piaceva fuorchè quella di mio padre. Egli era veramente bello; aveva un paio di baffi lunghi e sottili, due occhi tanto dolci — non passava certo i trentaquattro anni.
Un giorno venne a casa con un bottone di cardenia all’occhiello.
— Dammi quel fiore!
— No, rispose ponendovi sopra la mano in atto di difesa: non posso dartelo.
— Perchè?
— È un dono.
— Dammelo egualmente.
— No, tornò a dire mio padre con fermezza.
Che dispiacere mi fece quel no!
Aurora mi mandò a casa una bella bambola vestita di seta rosa, colle perle al collo, nelle orecchie e nei capelli.
— Che amore! fece la Betta.
Io posi la bambola a sedere su un panchino e minacciandola col dito:
— Veh! — le dissi — se non sei buona!