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dollo delle ossa. Tutti i cambiamenti mi sgomentavano.
— Anzitutto, continuò Betta, lascierai questa casa per un’altra più grande e bella.
— Ecco che il principio non mi piace. Perchè non restiamo qui? Questa casa è sempre bastata per noi; l’abitiamo da dieci anni. Forse che non siamo le medesime persone?
— Tu ragioni sempre, piccina.
— E se un momento fa dicevi che sono una donnetta?
— Pace, via, non c’intenderemo più, se non hai un po’ di pazienza. Il signor Giorgio...
— Meno male, tu continui a chiamarlo il signor Giorgio; non sei come quella signora dell’altro giorno che gli diceva Giorgio!
— Ah! ma quella signora, esclamò Betta afferrando la palla al balzo, quella signora, vedi, ha ben diritto di chiamare tuo padre col suo nome di battesimo.
— Diritto! esclamai rizzandomi come una vipera a cui si calpesti la coda.
— Eh! buon Dio, come ti alteri. Non si può parlare con te.
— Dimmi perchè quella signora ha diritto di dire Giorgio al babbo — e di mettersegli a fianco