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fratelli, di sorelle e di parenti. Io ero felice di avere il babbo solo tutto per me e la Betta mia anch’essa. Amavo in secondo luogo la nostra casetta e il piccolo giardino incolto dove m’era lecita qualunque scorreria e dove regnavo da padrona assoluta su mezza dozzina di brulli rosai. A cagione della mia gracile salute non andavo a scuola; un maestro veniva a darmi le lezioni primarie e il babbo mi faceva da ripetitore; non avevo dunque nessuna amica e cresciuta sempre sola non mi piaceva neppure la compagnia degli altri fanciulli. Ero una piccola selvaggia malinconica e capricciosa.
Una domenica dopo pranzo il babbo era uscito; Betta aveva ricevuto senza dubbio delle istruzioni, perchè la trovai in giardino grave, compunta, col suo libro di preghiere in mano.
— Paolina, ella disse mettendomi due dita sulla spalla: tu sei oramai una donnetta e certe cose le puoi comprendere.
— Sicuro, risposi sfogliando senza scopo e senza pietà i poveri fiori dei rosai.
— Sta tranquilla dunque; è tempo di mettere giudizio; sai che devono accadere grandi cose?
Diedi un balzo, come i puledri quando accennano ad imbizzarrire; ero retrograda fino al mi-