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ad ogni gesto. La mobilità raggiante della sua fisionomia era incredibile; tutto aveva vita in quel volto; gli opulenti capelli neri, gli occhi espressivi, il sorriso incantevole, la carnagione pallida e bruna che si coloriva parlando e mutava ad ogni istante. Io la contemplava attonita.

— Vieni, Paolina! esclamò lei, circondandomi colle sue braccia graziose; noi dobbiamo diventare amiche.

Sapeva anche il mio nome!

— Non le ho detto nulla, sussurrò mio padre a voce bassa; vi chiedo scusa per lei se è un po’ imbarazzata.

— Non preoccupatevi di questo, Giorgio; la conoscenza la faremo a poco a poco: non è vero, piccina?

Corrisposi male, devo dirlo, alle sue gentilezze; vedevo la fronte di mio padre corrugata quasi muto rimprovero, eppure non trovavo in me un solo impeto d’affetto, una sola parola buona.

— Andiamo, Aurora: disse una vecchia signora che faceva calze di seta sdraiata in una poltrona, lasciala in pace; si vede che è scontrosa e ci vorrà del tempo ad avvezzarla.

— Aurora, io ne sono desolato!...

Queste ultime parole le pronunciò mio padre