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lutare con garbo; mi allacciò un bottone di quegli infelicissimi guanti, e ripetendo: da brava! suonò il campanello.
Un servitore in livrea, senza nemmeno chiedergli il suo nome, alzò una portiera di velluto. Mio padre mi trascinò dietro a lui; allora la voce più soave ch’io avessi mai udito pronunciò queste parole:
— Finalmente, Giorgio, vi siete deciso a condurci la bambina!
Chi diceva a mio padre Giorgio! semplicemente? Per la prima volta in vita mia lo sentivo chiamare così, e ne provai una impressione dolorosa come se qualcuno mi contendesse il suo cuore inalberando diritti che io sola credevo di avere.
Guardai quella persona.
Era una splendida creatura, di una bellezza così fulgida che non la potrei paragonare ad altro che ad un raggio di sole. Altissima, snella, di forme morbide e delicate, sembrava muoversi come una canna a ondate flessuose — oh! lei non era goffa. L’abito elegante non aggiungeva nè toglieva una linea alla grazia del suo corpo; aveva le braccia un po’ nude, cinte da molteplici cerchietti d’oro che luccicavano e tintinnivano