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— Non si vede la mamma?
Nessuno.
La carrozza arriva nella corte deserta. Scendo. Elisa si precipita senza aspettare la mia mano.
Sulla scalinata di marmo incontriamo un servo cogli occhi spaventati, cogli abiti in disordine; è un vecchio cameriere che ha visto nascere le signorine.
— Dov’è la mamma?
Il pover’uomo si mette davanti a noi per impedirci di entrare; la sua lingua si rifiuta a proferir parola, ma i suoi gesti sono eloquenti. Una grande disgrazia è avvenuta.
Entriamo finalmente nel salotto terreno. Sull’ampio divano, dove per l’ultima volta avevo visto Nora abbandonata così bella nel fascino del suo occulto amore, giaceva ancora la fanciulla, immobile, col pallore della morte.
La principessa, accasciata, col volto nascosto su quel caro corpo, non ci vide entrare; udì il grido di Elisa e sollevò la testa.
Che sguardo fu il suo! Ne sostenni! la disperata angoscia con un coraggio che l’immensità stessa del dolore mi dava. Elisa si gettò nelle sue braccia.
Il principe, ritto accanto al divano, mi additò il piccolo cadavere con un gesto solenne.