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parecchi durante le odissee del collegio, e in fatti, senza quasi uno sforzo, mi trovai al di là.

Quantunque avvisato non potei frenare un moto di sorpresa scorgendomi sotto gli occhi un lago perfettamente verde, lucido, profondo, scintillante — pareva uno smeraldo vivo.

Il fondo era stato preparato apposta per dare all’acqua quel riflesso, e delle rive l’erba vi si specchiava così folta e lussureggiante che l’illusione riusciva completa.

Una grotta artificiale lo cingeva per metà; era anch’essa tutta verde, coperta e tappezzata di muschio, con un tavolino rustico e una sola sedia. La capricciosa eremita non vi riceveva visite. In quel piccolo eden la donna aveva preceduto l’uomo.

Vi regnava il più profondo silenzio; non mi venne fatto di trovare traccia alcuna di colei che soleva abitarlo.

Appena vicino molto vicino alla riva un posto, dove l’erba si mostrava alquanto calpestata, sembrava indicare che Nora vi si coricasse spesso. Quelle fitte foglie piegandosi l’una sull’altra dolcemente avevano conservato l’impronta del graziosissimo corpo; io mi vi gettai alla prima senza pensarci molto, ma poi mi parve di aver commesso un sacrilegio e me ne scostai arrossendo, mosso da un senso bizzarro di pudore.