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Quella mattina poi la signora aveva ordinato la carrozza con un fare tanto serio e reciso, con quel fare proprio da «imperatrice romana», diceva la cameriera da non permettere un tentativo di domanda qualsiasi.

L’opinione generale era che sarebbe tornata per il pranzo.

Accettai l’opinione e mi posi a passeggiare nel giardino. Non l’avevo mai visitato per intero, avendo poca simpatia per la botanica e trovando il posto migliorefra le due tende del salotto terreno presso la poltroncina d’Elisa.

Ora, poichè non mi restava di meglio a fare, percorsi quattro volte il viale dei melagrani, mi fermai davanti una siepe di rose del Bengala, ammirai col sigaro in bocca e il frustino in mano dei bellissimi tulipani d’Olanda, scambiai una poenia per un girasole, e finalmente posi il piede davanti a una misteriosa porticina, elegante, verniciata di fresco, che il giardiniere mi disse essere il terreno privato di madamigella Eleonora, il famoso lago dunque? Sì, il famoso lago.

Bisognava essere una bambina per tenersi la chiave di quel luogo incantato come fosse una fortezza inaccessibile. Aveva un muricciuolo così basso che io mi ricordai subito di averne scavalcati