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Sofia ed io ridevamo spesso; Emanuele no.
— Sapete che abbiamo avuto un gran giudizio noi due quando abbiamo seppellito il nostro morto?
Così dicendo ella lo guardava fisso e lui rispondeva con calma.
— È vero. Non eravamo destinati.
— No certo, voi siete tutto ghiaccio ed io sono tutta scintille.
Pareva anche a me che Sofia avesse ragione.
Vi ripensai sul tardi quando li vidi partire insieme e conclusi che la felicità di Sofia stava nelle mani di suo cognato e viceversa.
Siccome stetti due giorni senza vederla, al terzo trovandomi abbastanza ristabilita volli andare a sorprenderla nel suo salotto.
Era sola e piangeva.
Non di quel pianto dirotto che accenna a un vivo dolore, ma silenziosamente accorata, come immersa nella malinconia dei ricordi.
Nascose al mio giungere un pacco di lettere, ed io, persuadendomi di leggieri ch'ella ripensava al suo defunto marito, mostrai di non accorgermene. Prima di partire però le chiesi se aveva notizie del cognato ed ella parve — come appunto mi aspettavo — impazientita di questo richiamo alle sue seconde nozze.