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— Allora sei stata tu?
— Nemmeno. Ci siamo incontrati, figurati, al cimitero, dove io porto ancora tutt’i i mesi una corona sulla tomba di Beppino, quantunque l’anno di lutto sia già passato.
— E tu debba accingerti a nuove nozze col fratello di lui.
— Già.
— È una promessa fatta al letto di un moribondo; non puoi infrangerla.
— E chi ci pensa, mia cara? io sono dispostissima a sposare mio cognato. Ragioni di famiglia e di interesse mi vi spingono; una promessa, come tu dici, mi lega — ebbene lo sposerò. Non è guercio, non è gobbo, non m’ispira nessuna ripugnanza; amore... ah! questa è un’altra faccenda. Sai bene che io non so amare, non voglio, non potrei neanche. Dopo le fanciullaggini fatte per Emanuele dieci anni addietro, vere fanciullaggini da educanda che oggi mi muovono al riso — io non ho mai provato nè un palpito nè un desiderio. A che prò? Poichè l’amore è una illusione, poichè è un miraggio lusinghiero e falso, che non mantiene nessuna delle gioie che promette, poichè muore prima di noi e non ci fa felici — queste sono cose che tutti sanno — a che prò